Da Hong Kong al Cile, passando per il Libano, l’Iraq, la Spagna, la Colombia, Haiti, la Francia, le proteste stanno attraversando il mondo con milioni di persone che in strada manifestano per ragioni diverse ma con un unico comune denominatore: il malcontento sociale.
Le leve del malcontento sociale
Oggi che le differenze sociali si inaspriscono anche un cambiamento apparentemente piccolo, come l’aumento del biglietto della metropolitana o nuove accise sul carburante o ancora una tassa sulle telefonate effettuate tramite social network, può diventare la leva per lo scontro e trasformare una protesta in un’opposizione più grande. Ci si oppone al governo, alla società, allo status quo che non fa altro che sottolineare il potere dei più ricchi sui più poveri, che si sentono indifesi e abbandonati anche da quelle istituzioni che dovrebbero difenderli. L’unico potere che rimane agli ultimi è quello della loro voce. Un potere che, purtroppo troppo spesso ormai, è accompagnato anche dalla violenza.
Il malcontento sociale se non trova una soluzione in leader positivi o sceglie il populismo, come sta accadendo un po’ ovunque nel mondo, oppure può scegliere un leader negativo, figura che incarna tutto il dolore, l’incomprensione, l’incapacità di trovare risposte se non nella violenza contro tutti coloro che hanno mancato di rispetto e accettazione. Questa è la terza strada che racconta il film Joker. Di fronte alla crisi della politica, all’emarginazione e violenza perpetrata sugli ultimi, all’abbandono di coloro che dovrebbero essere aiutati, come i malati mentali, Joker mostra quella che potrebbe essere la reazione estrema dei dimenticati. È la risposta di chi ha provato a vivere secondo le regole della società ma si ritrova senza più nulla da perdere.
Da ultimo a leader negativo
La cosa peggiore della malattia mentale è che tutti si aspettano che tu ti comporti come se non l’avessi
Come il protagonista del film, Arthur Peck, i dimenticati e gli ultimi ostentano un sorriso e se la cavano come possono in un mondo che, se va bene, li ignora, altrimenti li bistratta e prende di mira. Alcuni vivono tutta la propria vita nella finzione, arrangiandosi e sopportando, altri possono arrivare al punto di pensare di non avere più niente da perdere. È raggiunto questo limite, racconta Joker, che l’uomo tanto ignorato da non sapere se esiste davvero, comprende che l’unico modo per uscire dal circolo di dolore e frustrazione è quello della violenza, perché la sua affermazione di esistenza coincide con il gesto di potere più efficace che ogni uomo ha sull’altro: il porre fine alla sua esistenza.
È con l’assassinio dei tre giovani ricchi in metropolitana che Arthur Peck afferma il suo potere sull’altro e nel contempo capisce di esistere. In questo momento si attua anche un’inversione di ruolo e l’ultimo diventa un eroe e a sua volta leva per il tumulto rivoluzionario. A quanto pare, quando un dimenticato dalla società compie un gesto violento di potere, solo allora può diventare un simbolo del malcontento sociale e aiutarlo a esplodere.

Come nasce un leader negativo?
Joker è anche un potente monito per tutti coloro che criticano il mondo impegnato nel sociale, incluse le cooperative e le associazioni, che con il loro lavoro aiutano gli ultimi e più deboli e così riducono il margine lasciato alla barbarie nella nostra società. Proprio nel momento in cui il loro raggio di azione viene eroso, proprio quando «si tagliano i fondi» per quella parte del società di cui «non frega niente a nessuno», è allora che nasce il leader negativo.
Il leader negativo non è solo il matto inneggiato dai riottosi del film Joker in quanto esponente ultimo del disagio che provano le persone abbandonate, gli ultimi, i poveri additati come «pagliacci». Tutti coloro che sono ritenuti incapaci e la cui unica salvezza è il paternalistico aiuto da parte dei ricchi e dei potenti, il cui successo sancisce il loro valore. Quello del leader negativo è un comportamento e un vissuto che attraversa tutte le realtà dove le disuguaglianze sociali raggiungono livelli così insopportabili che anche ciò che ha il valore più alto, la vita, finisce per essere deprezzato al punto di non valere più niente.
Oggi sono la mancanza di diritti democratici, l’aumento dei prezzi dei prodotti e servizi di base, alti tassi di disoccupazione, l’assassinio di leader sociali o discrepanze politiche, le motivazioni principali che mobilitano le società del mondo. Per queste ragioni migliaia di persone stanno scendendo in piazza indipendentemente dal sesso, dall’età o dall’ideologia politica. Il nostro mondo è in continuo tumulto, sempre in attesa di quella rivoluzione che porterà un cambiamento definitivo verso l’uguaglianza e il riconoscimento dei diritti universali per tutti.
Il film Joker riesce nel suo intento di critica sociale e politica quando porta a chiedere alla fine della proiezione quale vissuto sta guidando le rivoluzioni in corso e sempre più scalpitanti: una reale prospettiva di equità e giustizia o la disperazione e il disagio degli ultimi?
Darò la mia opinione non richiesta, spero di non risultare odioso 🙂
Personalmente trovo una certa disconnessione tra l’interessante intento tematico del film (quello che, di fatto, analizzi in questo articolo) e la sua effettiva esplorazione. La rappresentazione delle problematiche sociali l’ho trovata pigra e sommaria, tracciata poi su una società fittizia che offre parallelismi con la società reale fin troppo vaghi. La trattazione della malattia mentale è probabilmente la parte peggiore: stereotipata e strumentale fino ad essere praticamente dannosa.
In sostanza è un film che trovo di un nichilismo populista insostenibile: farneticante, paraculo (a cominciare dal fatto di chiamarlo “Joker” praticamente col solo scopo di attirare pubblico) e decisamente troppo poco coraggioso o lucido per risultare realmente provocatorio.
Tutto sommato, non sarebbe nemmeno così grave se non si prendesse così tanto sul serio.
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Una mia cara amica psichiatra come me ed io abbiamo visto assieme questo film e guardandolo ci siamo chieste quale potesse essere la reazione dei ‘non addetti ai lavori’ al trattamento del tema della salute mentale in Joker.
Ci siamo rese conto che il film presenta una fine qualità psicopatologica nel descrivere il disturbo mentale, cosa difficilmente riscontrabile non solo nel cinema di nicchia ma figuriamoci nel cinema di massa!!
Tuttavia, abbiamo anche notato come possa essere interpretato sia come un film anti stigma che pro stigma rischiando di rafforzare alcuni stereotipi.
L’opposta interpretazione di una stessa situazione è, peraltro, tipica della nostra professione, che si muove nell’ambivalenza, rispecchiando la psicopatologia dei nostri pazienti.
Lasciando ai sociologi la valutazione del film come baluardo della società attuale, la mia collega ed io sentiamo invece di poterci ben esprimere sulla ‘trattazione della malattia mentale’ che, possiamo assicurare, non ‘è stereotipata e strumentale fino ad essere praticamente dannosa’, ma anzi rispecchia la realtà tristemente e penosamente vissuta dai nostri pazienti, troppo spesso emarginati, abbandonati e, se considerati, considerati come violenti criminali.
Ciò, in rari casi come quello di Joker, da vissuto del paziente può diventare realtà se non c’è una rete di cura e supporto, come fa ben comprendere questo film.
La grande maggioranza dei casi prosegue, invece, una vita nella tristezza e nell’abbandono, motivo per il quale il tema della lotta all’emarginazione dei più emarginati della società, trattato in questo film di massa, non è solo attuale, ma anche un importante obiettivo da raggiungere per la società tutta.
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